mercoledì 24 settembre 2014

LA MORTE

Non di rado, quando viene a mancare una persona cara, il dolore è così lancinante da tenerci ancorati per lungo tempo. La gioia della relazione lascia il posto alla mancanza. Un vuoto lacerante, un buco nero in cui la Luce fatica ad entrare. Il mondo sembra improvvisamente fermarsi, l'indifferenza alla realtà cresce e il dolore blocca il dispiegarsi della vita. Si cerca un senso, un significato all'accaduto per riuscire ad accettarlo, ma la comprensione va oltre il limite della nostra umanità lasciandoci inesorabilmente affogare nello sconforto della mancanza.
In quei momenti, accettare la morte come passaggio è quasi impossibile per via del dolore provato. La fede è un grande aiuto, ma spesso si è arrabbiati con la vita e questo non permette di affidarsi al cuore. La mente non fa che acuire il dolore, focalizzando l'attenzione sul vuoto interiore e sul passato. Si smette a poco a poco di vivere. Si muore dentro, lentamente e senza accorgersene. E il tempo passa e ci si aggrappa alla speranza di un messaggio, di un profumo, di un segnale che colmi quel vuoto e lo renda meno doloroso, supplendo in qualche modo a quello che la fede non riesce a trasmetterci per via della nostra chiusura: una dimostrazione che la vita non finisce, ma semplicemente si trasforma per legge d'amore.
Ci vuole tempo per imparare ad accettare il vissuto, ci vuole pazienza per elaborare il dolore: tutto insieme è dirompente, lo si può lasciar andare solo a piccole dosi. Sofferenza, rabbia, senso di impotenza scatenano un turbinio emotivo difficile da gestire: creano un disequilibrio che deve trasformarsi in un equilibrio più consapevole, basato sull'accettazione che la morte fa parte della vita e vi è un progetto più grande di quello che riusciamo a cogliere nella nostra fisicità di uomini, a definire i tempi e i modi della sua comparsa.
Uscire dalla tempesta scatenata da un lutto è sempre un'esperienza faticosissima, proprio come ogni passaggio di maturazione volto a farci crescere. Quando ci si trova nel mezzo della tempesta, si vive la percezione che possa non finire mai, ma la natura ci insegna che nulla dura per sempre e che il sole è sempre presente sopra alle nuvole dei nostri pensieri di dolore. Il non riuscire a scorgerlo ci fa stare male, ci fa dubitare della sua esistenza e stimola il pensiero che si sia dimenticato di noi, che ce l'abbia con noi. Siamo arrabbiati e anche la rabbia deve a poco a poco sciogliersi come neve al sole per permettere al nostro cuore di riprendere a battere con la vita che si manifesta.
Ecco che il gesto di un amico, l'abbraccio di un familiare, una parola al momento giusto, un fiore o la coccola ad un animale compaiono a riscaldare il nostro cuore congelato dalla sofferenza e ci ricordano, con quel raggio di Luce, che il sole è sempre lì, a portata di mano, ad aspettare che noi si sia pronti ad accoglierlo.




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