mercoledì 25 febbraio 2015

ASCOLTA COME PARLI E COMPRENDERAI TE STESSO

Oggi introduco un tema interessante. Il linguaggio o più semplicemente, le parole. 
Prima di partire per l'Oman ho scelto di abbandonare la stesura del libro che stavo scrivendo (proponendo infiniti spunti di meditazione da leggere) e di iniziare quella di un volume molto più impegnativo, frutto del lavoro maturato in questi anni grazie ad un carissimo amico, Emilio Martignoni (che scriverà con me, condividendo la sua stessa esperienza) e al gruppo di lavoro  del CENTRO PER LO SVILUPPO EVOLUTIVO DELL'UOMO. 
Sarà un testo pratico, basato sul movimento consapevole del corpo, ma non per questo meno impegnativo perché  racchiuderà gli insegnamenti acquisiti in tanti anni di ricerca.
Perché questa scelta? Perché dopo anni di web, di social network, di esperienza con le persone, individualmente o in gruppo, sono giunta alla consapevolezza che le parole non bastano: a volte non vengono comprese, altre volte vengono alterate dall'approccio mentale individuale o si perdono in un turbinio di pensieri e giustificazioni. Insomma non lasciano tracce in un lavoro consapevole, se restano avulse dall'esperienza. 
Ogni giorno si leggono sui social frasi magnifiche, riflessioni di grandi Maestri o scienziati, frutto dell'esperienza di chi le ha interiorizzate e condivise, che viralizzate vengono riproposte continuamente. Senza un'adeguato lavoro interiore rimangono semplici parole, incapaci di mostrare il profondo insegnamento in esse racchiuso. Sicuramente risuonano con il cuore di chi le legge per la loro immensa carica energetica, ma questo non basta ad attivare una trasformazione che trovi in uno sbocco pratico e molto "reale" la sua manifestazione. 
Vivo con sempre maggior consapevolezza l'evidenza di quanto le persone abbiano perso il contatto con il proprio corpo, o semplicemente con il proprio respiro, e per questa ragione, le "parole" non possono che alimentare un mentale già di per sé molto invadente. 
Quante persone si professano "spiritualmente arrivate" e quando le senti parlare trasudano rabbia e non accettazione? O mostrano l'incoerenza tra il dialogo, il movimento corporeo e il pensiero? 
E' ora di rimboccarsi le maniche e iniziare a lavorare sul serio, sul campo, come solerti ricercatori che necessitano dell'esperienza a confermare la validità della teoria. E' ora di abbandonare le scrivanie e di mettersi in gioco, trovando il coraggio di ascoltarsi e di applicarsi.
Da quando ho scritto "Il coraggio di ascoltarsi" ho fatto tantissima esperienza e, credo, sia giunto il momento di condividerla nuovamente. Scrivere "Il coraggio" è stata una fatica immane e so che anche questo volume sarà frutto di un lavoro interiore  profondo e faticoso, seme di ulteriore crescita. 
Quando sono salita sull'aereo per l'Oman (il famoso volo tanto sofferto per Muscat) ho iniziato a leggere il libro che mi aveva scelto: "Psicologia Alchemica" di Hillman e, come sempre avviene, ho avuto la conferma di seguire il Tao. Tutto il lavoro fatto in Oman doveva prepararmi alla stesura.
Allego la riflessione che tanto mi ha colpito:
"Sono nevrotico a causa di ciò che avviene nel presente, mentre sto qui davanti a voi e vi guardo e vi parlo, invece che per ciò che è avvenuto in passato, o succede nella società, o nei miei sogni, nelle mie fantasie o emozioni, nei miei ricordi, nei miei sintomi. La mia nevrosi risiede nel mio atteggiamento mentale, nel modo in cui la mia mente costruisce il mondo e vi agisce. 
Ebbene, la componente essenziale, o almeno una delle componenti essenziali, di ogni mentalità, di ogni personalità è il linguaggio. Dunque il linguaggio deve essere una componente essenziale della mia nevrosi. Se sono nevrotico, lo sono nel linguaggio. Di conseguenza, l'unilateralità, che caratterizza tutte le nevrosi in generale, si presenterà in particolare come unilateralità del linguaggio.
Questo ha un'importante implicazione, alla quale accennerò solo di sfuggita. L'implicazione è la seguente: per scoprire gli aspetti specifici di una nevrosi devo esaminare gli aspetti specifici del linguaggio che la sostiene, gli stili retorici in cui quella nevrosi si esprime."
Perché questa digressione proprio oggi? Perché sarò meno presente nel web d'ora in poi. Le mie energie saranno canalizzate altrove, per un dono di condivisione più completo, profondo e "pratico"! ;-) 
Chi non ha ancora letto "Il coraggio di ascoltarsi" può iniziare a farlo, perché sarà la base per comprendere il successivo volume. Grazie di cuore a tutti!




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