venerdì 6 gennaio 2017

L'UOMO PRIMITIVO E NOI


La coscienza deve sempre sostituire la risposta istintuale con una sua azione, diversa per natura e per orientamento, perchè la reazione istintuale ha una dimensione collettiva che è necessariamente in contrasto con le finalità individuali dell'Io e con la sua conservazione.
L'adattamento dell'istinto alla situazione individuale è spesso insufficiente; l'istinto infatti è utile a un livello primitivo per un Io primitivo, mentre risulta estremamente dannoso per un Io sviluppato. Per esempio, una reazione emotiva che spinga a uccidere può essere utilissima per un selvaggio nella foresta;  ma nella vita normale dell'uomo civilizzato essa risulta, salvo che nella guerra, non solo inappropriata, ma decisamente pericolosa. La psicologia delle masse ci ha tragicamente insegnato quanto possa essere insensata e letale per l'Io l'azione degli istinti, anche nei casi in cui operi nell'interesse del collettivo.


La lettura del volume di Neumann è molto stimolante e mi induce a pormi un sacco di domande. Nel blog precedente (IL BRANCO, IL GREGGE E NOI) ho analizzato la passività individuale degli appartenenti al gruppo. Passività che si manifesta con una rinuncia al discernimento e all'assunzione di responsabilità per delega al "capo" o al "guru" di turno. Tale passività porta l'individuo ad allontanarsi dal proprio corpo e dal proprio sentire immergendolo in una sorta di sonno ipnotico (o di schiavitù) che apre le porte a reazioni istintuali ed emotive scatenate da una mente fuori controllo.
L'uomo è passato da uno stato primitivo di reattività totale ad una situazione di apatia che, adeguatamente manipolata dal carisma del "capo" di turno, lo riporta alle origini rendendolo schiavo della propria emotività. A caratterizzare le due posizioni una totale assenza di libertà.
Considerando che la consapevolezza matura al riparo delle componenti emotive, risulta evidente quanto sia difficile uscire dalla situazione di sonno ipnotico per chi vi è finito dentro.
Questa riflessione mi porta a supportare ulteriormente l'intuizione che ebbi con la stesura de IL RITMO DEL CORPO - Ed. Mediterranee.  
Con IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI Ed. Mediterranee avevo iniziato a lavorare sull'ascolto consapevole del corpo attraverso la meditazione, ma osservando le persone avevo notato che il distacco sempre più evidente dalla propria fisicità unitamente ad una mente molto reattiva avevano reso il lavoro estrememante faticoso per la tendenza a negare l'esperienza.
Nel Ritmo proposi, quindi, un lavoro sul corpo che agevolasse la consapevolezza fisica, fondamento di qualsiasi lavoro interiore. Una pratica individuale che grazie al movimento lento e consapevole favorisse l'esperienza individuale e la rendesse innegabile. 
Con la pubblicazione del libro realizzo però un altro ostacolo: la resistenza dell'individuo dormiente a mettersi in gioco. Ho molto riflettuto su questo aspetto e, in particolar modo, su come trascenderlo. 
In effetti la spiritualità dilagante fa leva sull'illusione e su greggi importanti ed è un sistema difficilmente scalfibile.
Mi sono data una risposta: pazienza e osservazione.

2 commenti:

  1. Bella riflessione. L'istinto è il modo più veloce per accedere ad alcuni meccanismi di difesa e di autoconservazione di fronte ad un pericolo imminente, peccato che di solito questi "pericoli" sono legati al nostro ego a mio modesto parere ♥

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    1. Condivido il tuo pensiero Isaura: quando ci identifichiamo con le nostre emozioni, che hanno natura mentale ed egoica, non facciamo che reagire ad esse. Buona giornata Isaura!

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