martedì 27 giugno 2017

RESISTENZE

Resisto, fuggo, divago.
Mi accorgo di avere paura
a sprofondare ancor più nel dolore.
Il corpo è scarico e devo prenderne atto.
Riposo e ricerco la leggerezza dell'attimo.
Il corpo recupera forza e armonia,
ma la resistenza non si placa:
ora è mentale.
E' necessario uno sforzo consapevole
a disgregare lo schema dell'apatia.
Muovo i primi passi incerti:
le radici sono scese in profondità e li accompagnano.
Procedo con lentezza, 
ma non fatico a camminare.
L'immobilità è giunta a compimento
dando vita ad un nuovo inizio.
Sono pronta a trasformare il dolore
in storie di guarigione.






2 commenti:

  1. Quelli come me sono soli! Non ti vedono, non ti capiscono e sei solo, punto! Io non ho paura di quello che vedo con gli occhi chiusi, anzi dico:" Wow!". Non ho paura delle brutte cose, perché le ho sempre viste come prove, come opportunità per capire, imparare e crescere! Non ho paura del mio passato! Non ho paura di sentirmi arrabbiata o triste! Ma so che SOLO quando sono triste sento anche che sono sola! É solo di questo che ho paura: sentirmi sola, perché fa troppo male!

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    1. Conosco bene la solitudine, Sara, e ho passato anni a lavorarci per trasformarla da mancanza a libertà. C'è voluto tempo affinchè comprendessi che ero io stessa a non vedermi ed accettarmi per quello che sono veramente. Ho passato l'adolescenza e l'inizio della maturità a disperdere tutte le mie energie all'esterno, alla ricerca di accettazione, per colmare il vuoto della solitudine. La tristezza mi inondava e mi riportava al centro del mio sentire, come a volermi indicare la via, e poco per volta ho realizzato che stavo rinunciando alla mia profondità. Il trovarmi sola mi faceva paura in quanto mi costringeva a vedere e a far crollare tutte le immagini con le quali mi ero identificata. Immagini che mi ero costruita per essere accettata o che mi erano rimaste incollate addosso per come mi vedevano gli altri. Il ritrovarsi nudi, soli con se stessi, spesso è molto doloroso, ma attiva il percorso verso la consapevolezza. La solitudine si trasforma poco per volta in pienezza e libertà di essere. Quando si impara a stare bene con se stessi nasce il piacere della condivisione, ma esso è sempre diretto dalla consapevolezza e dal discernimento. Non tutti abbiamo compiuto lo stesso numero di passi nel percorso e ci sono comprensioni che rimangono nel cuore. La condivisione non è più un bisogno, ma un dono. Il bisogno di essere compresi si annulla e fa spazio all'accettazione dell'unicità individuale e dei diversi tempi di maturazione.

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