lunedì 30 aprile 2018

IL TEMPO

Estratto da "L'errore di Cartesio" di Antonio R. Damasio:

"Lo stato del sé viene costruito da cima a fondo in ogni momento; è uno stato di riferimento evanescente, di continuo ricostruito con tale coerenza che il possessore non se ne accorge mai, a meno che durante questo rifacimento qualcosa non vada per il verso sbagliato. Il sentimento di fondo di adesso, o il sentimento di un'emozione di adesso, insieme con i segnali sensoriali non corporei di adesso, toccano il concetto di sè quale è rappresentato nell'attività coordinata di molteplici regioni cerebrali. Ma il nostro sé (o meglio il nostro metasé) "impara" riguardo a quell"adesso" solo un istante più tardi.  Colgono in modo lapidario questa essenza le considerazioni di Pascal - "Noi non pensiamo quindi affatto nel presente; e se ci pensiamo, è solo per prendere lumi per predisporre l'avvenire" - (....). Il presente diviene di continuo passato, e intanto che lo scorriamo ci troviamo in un altro presente, consumato in una pianificazione del futuro che compiamo poggiando il piede sui gradini del passato. Il presente non è mai qui. Noi siamo irrimediabilmente in ritardo, per la coscienza."



Oggi propongo un estratto di Damasio alquanto intrigante relativo alla percezione del tempo. Spesso leggiamo frasi inerenti al vivere il presente: queste poche parole di Damasio ci pongono più di un interrogativo a riguardo. E se il tempo non esistesse, ma a crearlo fosse solo il nostro bisogno di identificarci con esso per sentirci vivi? Saremmo capaci di vivere senza la dimensione tempo o lo spazio si dilaterebbe a tal punto da annullarci?

Buon inizio di settimana ;-)

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